domenica 23 novembre 2008

LE COMUNITA' DEL NORD






Pachancho e Yurahusha sono due comunità indigene, appartenenti alla parrocchia Salinas (per Parrocchia Salinas si indende una realtà comunitaria civile e religiosa).


Si trovano a 4300 metri sopra il livello del mare, immerse in un paesaggio suggestivo.

Queste comunità vivono producendo torrone e tisane, tratte dalle piante medicinali delle Ande; e di artigianato.

I manufatti colorati, prodotti dalle donne del posto, vengono venduti a Simiatug: una cittadina andina, dove è in corso un processo di sviluppo simile a Salinas.

YURAUSHA






PACHANCHO






L'artigianato di Pachancho

domenica 9 novembre 2008

CONFITES EL SALINERITO




Qui si producono cioccolato e torrone. La fabbrica di Salinas fa invidia a quella di Willy Wonka, del film la fabbrica di cioccolato di Tim Burton!
Questa fabbrica nasce con l'obiettivo di processare la materia prima: cacao, miele, farine, zucchero. L'Ecuador è una nazione ricchissima di materie prime.
Il primo esperimento di produzione artigianale di cioccolato fu fatto nel 1992. Le attività di produzione erano a Chazojuan, una comunità nel subtropico, parte della parrocchia Salinas. Più avanti, per ragioni climatiche, la produzione del cioccolato e del torrone fu trasferita a Salinas.

venerdì 7 novembre 2008

IL CENTRO TEXAL - Texile Salinas
















Il centro Texal è stato fondato nel 1974 da alcune volontarie ecuadoriane. E' un impresa femminile, dove le donne di Salinas usano la lana prodotta dalla hilanderia della comunità e creano: ponchos, guanti, maglioni, borse, sciarpe. Lavori artigianali bellissimi, colorati, di alta qualità...e soprattutto caldi!!!
Cosa da non sottovalutare qui a Salinas, visto il freddo che fa! Ho scoperto il calore e la qualità della lana di alpaca. Ne avevo sempre sentito parlare e la mia pelle ha confermato quello che si diceva in giro!
Alcuni colori vengono ricavati dalle tinte vegetali. Vicino il negozio - non è solo punto vendita, ma anche laboratorio dove si vedono le donne lavorare la lana - c'è il TEA (Taller Educacional Artesanal)
...qui si producono le tinte vegetali!

Salinas oggi


La comunità e i suoi paesaggi





giovedì 6 novembre 2008

Com'era Salinas







Dall'archivio storico di Salinas de Guaranda

Salinas de Guaranda: la città più vicina al cielo


Salinas de Guaranda è una cittadina a 3550 metri d’altezza, situata nell’altopiano centrale dell’Ecuador, alle falde del vulcano Chimborazo.

Qui da quasi 40 anni sono in corso dei progetti di sviluppo, che hanno dato modo alla comunità locale di liberarsi da secoli di schiavitù: dal sistema dell’hacienda durante il dominio spagnolo; dalle miniere di sale dei nuovi padroni e dagli usurai, che lucravano sopra le loro disgrazie.

Tutto è partito da un gruppo di missionari salesiani nei primi anni settanta, approdati qui per una missione pastorale e sociale. Alcuni di loro sono rimasti: Padre Antonio Polo vive qui da allora ed è parroco della parrocchia Salinas, che oggi comprende 32 comunità estese su 80 km, che vanno dai 4300 metri dell’alta montagna, agli 800 della zona subtropicale.

Si arriva a Salinas da una cittadina: Guaranda, ben collegata a Quito, capitale dell'Ecuador.

Il viaggio è suggestivo: montagne verdissime, ruscelli e fiumiciattoli, vallate imponenti.

Alle soglie di Salinas c’è un cartello che mostra com’era la città nel 1968: una fotografia ritrae le capanne tipiche dei villaggi della Sierra andina.

“Salinas nel 1971 era un centinaio di famiglie e di capanne. C’era molta rassegnazione, perché i problemi erano più grandi della gente. Circa il 45% dei bambini moriva prima di compiere un anno di vita. Ricordo che alcuni genitori soffrivano di più per i debiti che causava la realizzazione di un funerale che per la perdita del figlio. E non crediate che i bambini non fossero amati. Ma gli usurai aspettavano le occasioni più dolorose - le morti di bambini e adulti, le disgrazie, le malattie, le capanne che restavano senza tetto a causa del vento - per fare i loro sporchi affari e rendere schiava la gente”. (Testimonianza di Bepi Tonello, nel libro La Porta Aperta)

Mancava la luce elettrica e l’acqua corrente. C’erano solo due scuole elementari. Si arrivava al paese in jeep o camion nei mesi del vento e durante il periodo delle piogge bisognava camminare sei ore per arrivare.

I Salineros erano duramente sfruttati da una famiglia di possidenti terrieri di origine colombiana: I Cordovez.

Questa famiglia padronale si stanziò a Salinas verso la metà del 1800 e si impossessò illegalmente delle miniere di sale, dove lavoravano i salineros (Salinas prende il nome dalle miniere di sale).

In cambio dell’usufrutto delle miniere, i Cordovez imposero alla popolazione locale il pagamento di un tributo molto elevato, che la gente non solo non era in grado di pagare, ma lasciava in eredità i debiti alle generazioni successive.

Alcune fotografie del tempo, conservate nell’archivio storico della comunità, ritraggono le donne nelle miniere di sale con le mani torte per l’artrosi; le spalle incurvate per i pesantissimi vasi di terracotta portati sulle spalle.

Questa era Salinas quando Padre Polo e i missionari salesiani sono arrivati nel 1970.

Lavorare per superare tutto questo non è stato facile. Padre Polo, pioniere di questo progetto, racconta come il cammino verso il cambiamento sia stato lungo e complesso: "fatto di incontri e scontri, gioie e sacrifici, volontà, risorse umane e materiali e soprattutto fiducia reciproca tra i Salineros e il loro parroco, i volontari, i tecnici che hanno lavorato qui nell’arco di questi anni."

Oggi Salinas è una cittadina completamente diversa. Fatta di imprese, fondate sul concetto dell’economia solidale, dove al centro è posto il fattore umano, con tutte le sue potenzialità creative e ideali.

Da alcuni anni è stato fondato il marchio El Salinerito, che racchiude diversi prodotti: formaggi, abiti in lana di Alpaca, funghi e il delizioso cioccolato. (potete visitare il sito www.salinerito.com)

Tutto è prodotto dagli abitanti del posto, che lavorano nelle imprese e fabbriche di Salinas.

Ci sono in corso dei progetti di turismo solidale. Nelle comunità di Chazojuan, Matiavì e Salinas stanno nascendo dei piccoli complessi turistici, nel cuore dei villaggi. Piccoli ostelli costruiti con l'aiuto dei volontari del Gruppone (un’associazione di volontari in Veneto, che ogni anno viene a Salinas).

L’obiettivo di questi centri è quello di far vivere i visitatori a contatto con le comunità indigene. Respirare l’atmosfera unica della vita delle comunità e ammirare la loro bellezza paesaggistica. Chazojuan e Matiavì sono due comunità situate nel subtropico e, personalmente, ritengo siano le più belle dal punto di vista paesaggistico.

Come ho già detto, quello che oggi si vede a Salinas è frutto di un percorso lento, che si estende nell’arco di 40 anni. Tutto questo è stato reso possibile anche grazie alla creazione del Fondo Ecuadoriano Populorum Progressio e della cooperativa di credito e risparmio, che hanno dato ai campesinos la possibilità economica di fare degli investimenti e uscire dalla povertà. Entrambe le due istituzioni furono fondate nei primi anni settanta, sotto la spinta ideale di Monsignor Candido Rada, all'ora vescovo di Guaranda.

Nel blog intendo approfondire, anche con testimonianze dirette, questi passaggi per far comprendere com’ è iniziato questo processo di cambiamento e quali erano e sono i suoi presupposti.

Padre Antonio Polo, nel suo libro: La Porta Aperta, racconta di questa avventura missionaria e sociale, come la definisce lui. Vi invito a leggere questo libro: appassionante, carico di vitalità e di contenuti forti, perché racconta di un’esperienza personale e sociale unica.

Lo consiglio a molte persone scettiche, che pensano che la solidarietà sia solo un’utopia, che vivono nell’attesa che le cose cambino, aspettando che qualcun altro lo faccia e sognano un domani migliore, che non arriva mai.

Un aspetto che colpisce di Salinas è l’attitudine a trovare soluzioni ai problemi.

Credo di essere stata fortunata a vivere questa esperienza, anche se per tanti aspetti ha aperto delle crisi.

E le crisi sono solo positive, perché chi non cambia non cresce mai.

L’importante è avere l’attitudine mentale al superamento delle barriere psicologiche, che nel gergo accademico sono culturali, sociali, ideologiche.